Qui è tutta un’attesa di nutrirti
o di marcire
Per Beatrice Zerbini l’amore è principio vitale totale, senza il quale nulla si dà o si fa conoscere in pienezza. Non si tratta dell’amore ricambiato, ma di tutto ciò che l’amore tocca, anche la separazione, anche la pena d’amore. Donarsi e lodare: questi i due cardini espressivi di Beatrice. E muovendosi fra laude e meditazione, con un tono fra il sorridente e il malinconioso e una grande finezza nel “sentire” il suono e il ritmo del verso, l’autrice estende a noi, ci schiude –proprio come in un dono d’amore- la sua grazia lievemente sfiorita: grazia di chi ha sofferto ed è capace di leggerezza per scelta del lato buono della vita. Viene in mente la sua collega e quasi coetanea Alessia Bronico. Ma se Alessia, in prosa e in poesia, sceglie con gioia il versante luminoso delle cose, supera il dolore nel dirompente canto d’amore per tutte le cose, Beatrice sosta nella penombra. I suoi versi irradiano una luce pomeridiana, velata.
Beatrice è superficiale per profondità. Come nella prosa di Walser, nella sua poesia la frivolezza è intensa. Nella Prefazione, Alba Donati segnala le analogie con Wisława Szymborska, con cui la nostra autrice condivide l’ironia, il senso d’immensità delle cose minime, un certo ritmo del verso che arieggia alle traduzioni di Pietro Marchesani, una vena ironicamente sapienziale e una certa predilezione per i testi lunghi. Io credo però che l’io poetico di Beatrice sia più rovente e passionale di quello della collega polacca. Quando non “tocca” l’amore, quando si fa astratta, la sua voce perde di forza, si sgonfia e rimane la grande dosatrice di ritmi, la funambolica alchimista dei suono, cosa che non accade mai a Szymborska, che cala l’astratto nel concreto senza perderne di vista l’astrazione.
Saggiamente, Beatrice non cede alla tentazione di strutturare la raccolta come una storia d’amore: non ci fa capire se l’io poetico è felice o no, ricambiato o no, ma ci mostra musicalmente, come in una rigogliosa partitura, tutte le sfumature dell’amare. Con In comode rate (Interno Poesia, 2019, ormai alla settima ristampa) la voce di Beatrice irrompe nel panorama italiano come una primavera, ricca di spessore anche umano, di profonda e talvolta dolorosa sapienza del cuore.