Daniela Silvi

L’arte di Daniela Silvi sembra nascere già matura e non presenta vistosi mutamenti nel tempo. Arti così possono venir fuori solo da una lunga e segreta preparazione, ma in lei questa preparazione si sta ancora compiendo. Daniela infatti si sente come tutti gli artisti si dovrebbero sentire: un’allieva che sta imparando. Il rigoglio della sua maturità va di pari passo col suo sentirsi acerba, la sua coerenza si accompagna alla voglia di conoscere e sperimentare il mezzo con cui si esprime. La sua è un’arte umile, che fa perno sul corpo -quello dell’artista innanzitutto- e sul gesto: sulla forza di minimi gesti carichi di significato affettivo. Il corpo è sempre in comunicazione, è un corpo amato e amante, esprime spesso eros e sempre un’umanissima fatica di vivere. Le immagini sono aderenti agli oggetti più piccoli, alla vita spicciola, con la sua ruvidezza e la deflagrante potenza dei sogni che nutre. La forza della fotografia è quella di una totale sincerità: Daniela è nuda davanti alla macchina fotografica e si mostra come una splendida donna matura, lontana dall’estetica patinata del nostro tempo e vicina piuttosto ad ideali di bellezza antichi: un corpo desiderato e desiderante ma anche affaticato, con un volto di rara espressività, segnato dalla concretezza dell’esistere. Nella sua voglia di catturare e sperimentare, si raffigura alle prese con lavatrici e panni da lavare, o mentre è intenta al suo lavoro -ha una ditta di pulizie-, sempre comunque immersa nel fascino e nell’asprezza del suo stare al mondo. Inconsapevole del suo valore artistico, ella vive e sente umilmente, e ciò conferisce ai suoi scatti il loro intimo realismo. Anche quando la composizione dell’immagine o il tono delle luci virano al fantastico, le fotografie sono realistiche perché realizzate da uno spirito intriso di realtà. La fotografia di Daniela è in questo simile alla prosa di Boumil Hrabal: sempre coerente tanto nell’invenzione fantastica che nel terragno radicamento nelle cose, nella ruvidezza del quotidiano come nella vertigine della poesia. Scarni i mezzi impiegati; ardentissima la visione che ne scaturisce. Poche arti sono così disincantate e laiche, eppure c’è qualcosa di religioso nel sentimento di Daniela: una profonda devozione al reale, una francescana gratitudine verso tutto ciò che esiste. La sua letizia, però, è sofferta. Non è importante conoscere per quali vicissitudini la vita dell’artista sia passata: importante è apprezzare la qualità di questo suo amore creaturale, che è l’amore dei costruttori, delle persone che non ricevono nulla e mettono insieme il loro mondo a poco a poco, con ardente pazienza, fino a raggiungere quella combattuta serenità che forse è la conquista più preziosa concessa al nostro breve stare al mondo.

 

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