Quasi fino alla fine mi sono chiesto perché Verdi, perché l’Aida risuonasse così ossessiva nella colonna sonora del film. Poi ho capito. Nella pellicola, due persone che si amano vengono sepolte vive come Radamès e Aida nell’opera verdiana. Amelio è un regista coraggioso, ma è prima di tutto un regista. Anche quando filma Craxi, la sua rimane un’opera di alta concezione artistica. E così, nel riaprire il caso Braibanti a poca distanza dalle elezioni che riporteranno gli omofobi al governo, lo fa innanzitutto da sapiente regista. Il film è quasi tagliato in due tra le scene ambientate in Romagna, riprese perlopiù in esterni, con luci molto chiare e inquadrature che ricordano la fotografia di Ghirri, e quelle girate a Roma, quasi tutte in interni, cupe, poco luminose. Amelio tralascia il rumore creato all’epoca dal caso Braibanti: non parla dell’impegno di Pasolini e Moravia al fianco dell’intellettuale processato; non mostra se non in maniera allusiva il suo inserimento nel dibattito culturale del tempo; la battaglia de “L’Unità” in favore dello scrittore processato diventa la battaglia di un singolo giornalista all’interno della redazione de “L’Unità”, come se Amelio e gli autori della sceneggiatura scegliessero di amplificare la solitudine del protagonista. Il film si concentra esclusivamente sulla grave ingiustizia subita dallo scrittore, e a questo fine trasforma in una vera e grande storia d’amore -comprensiva di una autentica fuga d’amore- quella che nella realtà dei fatti forse non fu una storia così intensa. Ma il valore civile del film non sta nel rispetto letterale dei fatti storici, ma nella sua dimensione simbolica. L’opera di Amelio non parla solo della persona di Aldo Braibanti, ma di tutti i Braibanti meno famosi, che hanno amato un essere umano del loro stesso sesso e sono stati ingiustamente separati e puniti, condannati a una morte sociale, “sepolti vivi” sotto la riprovazione dei bigotti come Radamès e Aida furono sepolti vivi nei sotterranei della grotta egizia dalla sciocca cecità di un codice d’onore militare. Recitato con misurato splendore, in particolare da un Elio Germano in istato di grazia, il film è bellissimo: è fine, è colto, è musicale, ma è anche scorrevole e ben comprensibile per chi non conoscesse la vicenda e il clima intellettuale dell’epoca.
Un’ultima considerazione: non conoscevo Braibanti. Adesso avrò un autore in più da leggere, la cui scoperta devo ad Amelio, e spero che il film produca in molti quest’effetto: di andare a riscoprire un intellettuale italiano che Carmelo Bene definiva un genio e dal quale disse di aver imparato a recitare la poesia di Campana, ma che per il suo tratto schivo, per il suo desiderio di non vivere e non morire in odore di pubblicità, non ha mai avuto la gloria.
peccato! Io non vado al cinema da una trentina d’anni…
Chissà se riuscirò a vedere questo film in tv!
Mi hai incuriosito…
Guardalo, è bello.
😊 te l’ho detto… solo se lo daranno in tv,. Non vado al cinema…