Con Splendora, la lingua di Alessia Bronico passa dalla poesia alla prosa. Passa portando con sé il bagaglio di luminosità e consapevolezza che la contraddistingueva in poesia. Splendora è un libro durissimo, che racconta di violenze e ristrettezze, ma anche di un desiderio d’altro che è qualcosa di più dell’ansia di riscatto: è una luce interiore fortissima, che guida la protagonista, Dora, e le fa conservare una scintilla d’amore e di meraviglia a dispetto del contesto inospitale in cui matura. Solitaria, di poche parole, Dora ha un’unica grande amica, Ida. Ida che è l’opposto di lei, è ricca mentre Dora è povera, è trasgressiva mentre Dora è obbediente. E ha un’amica speciale, l’upupa, col cui sguardo oltreumano lo sguardo di Dora intesse un dialogo frequente e poetico.
Alessia Bronico conosce il cuore dell’uomo e lo rappresenta con una lucidità feroce nella bellezza, con una capacità di tradurre l’intuizione in frase che rivela la lettrice attenta di Cioran. Ma ha uno stile originale, che non risente più di influenze. A quarant’anni, ha sviluppato un rapporto tutto suo con le parole: e ci gioca teneramente, le accarezza, si abbandona alla loro forza e alla loro seduzione. Nei momenti decisivi, però, le parole si ritraggono: quasi tutti gli snodi narrativi si fanno notare per le sottili ellissi, perché sono evocati appena, con parsimonia di mezzi. A volte non si comprende subito cosa sta succedendo. Lo stile di Alessia è suggestivo. Se proprio si vuol essere pignoli, si può suggerirle di rastrellare un po’ la pagina e separare le tante foglie sempreverdi dalle poche foglie secche, ma è un voler essere pignoli. Quella di Splendora è prima di tutto una scrittura che contiene grandi verità sull’umano: “Forse il peggiore abbandono è quello del mondo intero che finge l’inesistenza di chi muore di dolore”; “Le persone luminose creano fastidio a chi ha abdicato qualsiasi sentimento, s’infilano nelle rotture interne, nei cedimenti della vita, e bruciano, la luce brucia se non si vive che al buio”; “Aveva addosso la tranquillità degli infelici. Pareva essere nata adulta e pronta agli affanni, un passaggio netto dal feto alla vita”. Lo stile paratattico ed ellittico di Alessia Bronico aderisce ai luoghi che narra, le colline d’Abruzzo coi loro paesi tetragoni nel difendere tradizioni vetuste, fra cui quella di un cupo patriarcato. Uno stile, quello di Alessia, che a lungo andare fa l’effetto di una nenia dei monti, di una canzone popolare illustre e antichissima, intrisa della terra e con la sua sofferenza e il suo splendore.
Questo romanzo e la sua protagonista sono indimenticabili, e chi legge trova in Dora un’amica, forse una guida, con la sua luce, nel buio frequente di questo stare al mondo.