Il passo, la vela, le voci della seconda guerra mondiale, la prigionia di Giovanna la Pazza sono alcune delle figure attorno a cui sono costruite le otto sezioni di questo libro: una raccolta poetica di intensa musicalità e di inusuale forza drammatica. Ne Il passo dell’obbedienza (Moretti & Vitali, 2020) Laura Corraducci intesse le parole ai silenzi, crea delle arcate che ricordano un porticato denso di pieni e vuoti. Poesia sommessa ma robusta, che andrebbe detta con voce bassa e ferma, con il silenzio che impasta la voce. Poesia intrisa di dolore, ma scritta da un al di là del dolore, come da una pace difficilmente conquistata.
se esiste fede dentro una promessa
sa di sangue che guarisce la ferita
perché tu sia sempre il passo che mi precede
la linea di confine che ho voluto attraversare
Poesia che sembra voler abbracciare tutta la vastità delle manifestazioni umane, dall’eros -un eros sussurrato, sfiorato, conservato nel suo mistero- alle testimonianze dei martiri della lotta antifascista; dalla lirica di paesaggio alla poesia civile; da una religiosità luminosa a una forte interrogazione sul problema del Male. Il “passo dell’obbedienza” è quello di Maria di Nazareth, che adempie con fiducia al proprio destino di madre di Dio; ma è anche quello di Etty Hillesum, che va incontro alla morte nel Lager per diventare “il cuore pensante” della baracca; è quello di Simona Atzori, obbediente alla sua vocazione per la danza anche se è nata senza braccia. È l’andare incontro al proprio destino non con rassegnazione, ma con coraggio e fermezza -fare del proprio destino una scelta, nella consapevolezza che ognuno di noi ha il proprio compito sulla terra. La poesia di Laura Corraducci sfiora perciò una grande varietà di corde espressive, si fa narrazione per testimoniare di vite emblematiche, interroga inquieta un Tu mutevole, che ora si concreta nella persona amata
mi basta bagnarti i capelli con la voce
e sentire la preghiera di un eremita fra le rocce
ora assume le sembianze di un Dio mai dimentico della sua componente umana
non sapevi del mondo che comincia di là
dal tempio del figlio smarrito nelle stanze
di una voce di ragazzo che zittisce i maestri
e forse fu allora che imparasti che il silenzio
è sempre la parola più potente dell’amore
Si può affermare che, per l’autrice, la poesia civile, con le testimonianze drammatiche dei caduti della guerra di liberazione, sia parte di un vasto progetto umanistico, di una integrale interrogazione sull’essere umano e il suo posto nel mondo. Come nel componimento dedicato “a Rolando Rivi, giovane seminarista trucidato nei boschi del modenese nell’aprile del 1945, il corpo venne ritrovato dal padre Roberto e dal sacerdote Don Alberto Camellini, Rolando aveva 14 anni”
quel tuo chiamarmi nel gelo del mattino
la paura ci scaldava al fuoco di un solo fiato
ricordi Rolando quanto terrore s’aveva di te
di quell’abito nero da prete che mai saresti stato
e dei sogni tuoi annegati nel calice
la giovinezza ti è svanita dalle mani
ti ha abbandonato alle unghie dei cani
io e tuo padre a cercarti nella boscaglia
a fiutarti il sangue nell’aria d’aprile
ché i preti si sa Dio li vuole con sé
per farne corona di spighe sul mondo
ti dono allora una lingua di sillabe nuove
e un antico pianto di madre che prega
perché ti bagni i piedi lungo la strada
e trafigga il cielo in questo figlio che muore
Alla vastità, ma anche all’unitarietà, del progetto corrisponde la struttura musicale del libro, basato su ritorni di nuclei tematici e di immagini-guida, come in una sinfonia di Bruckner dove tutto eternamente si ricrea e procede a partire da alcuni nuclei germinali. Così, non troviamo nulla di cui stupirci se alle drammatiche sequenze della guerra di resistenza e alla corrusca sofferta indagine delle poesie ispirate al racconto evangelico, fanno seguito pure liriche d’amore come questa:
era l’aria di maggio a profumarti la giacca
a farmi bere d’un sorso il rosso della ferita
non potevamo sapere quanta luce ci fosse
nelle prigioni di un castello sul confine
nelle bugie che stringevano i cuori fino al sangue
dentro un dolore legato al polso come un bracciale
ho visto in te la tenerezza farsi casa nelle parole
i versi cadere lentamente sul cuscino
per togliere alla luna i suoi cerchi
e posarli con dolcezza sulla schiena