HOAGY CARMICHAEL – «Una persona speciale, sì, ma dobbiamo intenderci su cosa significa una persona speciale. Molti che lo dicono, in realtà non lo hanno conosciuto davvero. Oggi è pieno di gente che dice di averlo incontrato, di avergli parlato, di averlo conosciuto bene, ma il più delle volte se lo inventano. Pochissimi lo hanno conosciuto davvero. Io stesso saprei ricordare di lui solo una mezza dozzina di frasi… I mean, the real words.» (intervista del 1966)
THE NEWSREEL – Siamo in uno studio di registrazione della Columbia, è maggio del 1928. Un orologio segna la mezzanotte. Paul Whitman, il bandleader bianco noto come il re del jazz, fa a pezzi il suo vecchio contratto con la Victor e dà inizio alla prima seduta di registrazione con la nuova casa discografica. Batte le mani soddisfatto e, assunta una posa autorevole, dà l’attacco alla band. Quel battito di mani non è solo un gesto di soddisfazione. È un gesto di sincronizzazione. Nel 1928 la tecnologia del sonoro è ancora rudimentale, il primo vero e proprio film sonoro non è ancora uscito, e Whitman battendo le mani dà ai tecnici un segnale preciso: per sincronizzare tutto, basta sincronizzate il mio battito di mani. Ma i tecnici non sarebbero riusciti a sincronizzare, e il filmato sarebbe rimasto inedito per anni. La band suona My Ohio Home, e quando arriva il passaggio per gli ottoni un ragazzo si alza in maniche di camicia e dà fiato alla cornetta gonfiando le guance. Zoomiamo su quel ragazzo: è Bix Beiderbecke. Prima che il filmato riemergesse, non si sapeva che suonasse con le guance gonfie. Scrive un commentatore: « È evidente che la tecnica di Bix era poco ortodossa, a cominciare dal fatto di gonfiare le guance. Si è supposto che salti alcune note, o che ne suoni alcune gonfiando le guance e altre no, ma sincronizzando correttamente il filmato appare chiaro che Bix salta deliberatamente alcune note e che tutte quelle che suona, le suona con le guance gonfie». È l’unico video di Bix. Nel documentario una voce fuori campo, col tipico accento americano del primo Novecento, afferma: –That’s all there is. There isn’t any more.
«LIKE A GIRL SAYING YES» – Bix ha inciso in un periodo che va dal 1925 al 1930. Riascoltate oggi, quelle incisioni risultano arcaiche, e non per la tecnologia del suono: è proprio il tipo di jazz a risultare arcaico. Non lo dico per sminuirne il valore: un’opera d’arte può essere bellissima e arcaica, e quelle incisioni sono delle bellissime opere d’arte. Ma non è incluso nel prezzo del biglietto che un’incisione di quegli anni suoni stilisticamente arcaica. Il periodo jungle di Duke Ellington copre più o meno lo stesso periodo di tempo, ma non ci sembra affatto un jazz arcaico. Il fatto è che Duke non è stato solo “un grande jazzista”, ma uno dei giganti della musica del XX secolo e il jazz si può dividere in “prima di Duke” e “dopo Duke” allo stesso modo che può parlare di una radicale cesura tra lo stile degli attori che hanno esordito prima della guerra del ’15-’18 e quelli che hanno esordito dopo. Confrontiamo Totò e Petrolini. All’anagrafe li separano solo pochi anni: del 1884 Petrolini, del 1898 Totò. In età anagrafica, sono passati solo quattordici anni. In età artistica, un secolo. La comicità di Petrolini è delirante, futurista, ma usa artefatti per noi arcaici: filastrocche e poesiuole in rima, canzoni nel gusto dell’epoca, trasformazioni e travestimenti alla Fregoli. È una comicità moderna per la cattiveria beffarda e l’irriverenza ipercinetica. Ma è arcaica perché la dizione e lo stile di Petrolini obbediscono a modelli ottocenteschi. Ascoltiamo quel capolavoro di virtuosismo vocale che è l’Amleto di Petrolini; poi ascoltiamo Totò che recita ‘A livella. Petrolini, come gli attori dell’Ottocento, sembra che canti, usa la voce come uno strumento nella sua piena musicalità, nella sua piena espressività. Totò è compostissimo.
-Obiezione: l’Amleto di Petrolini è proprio una satira del “grande attore” ottocentesco…
Giustissimo. Cambiamo esempio. Prendiamo un qualsiasi sketch del film di Blasetti su Petrolini e il primo film di Totò, datati entrambi 1930 -così non c’è nemmeno il problema di confrontare registrazioni fatte in periodi diversi e con tecnologie diverse. Il risultato è lo stesso. Se essere più moderni fosse un valore, Totò asfalterebbe Petrolini. Per fortuna, la modernità dello stile non è un valore in sé, altrimenti Thomas Pynchon avrebbe fatto una gran cazzata a scrivere un romanzo nell’inglese del Settecento. E così noi possiamo gustarci sia Totò che Petrolini. Allo stesso modo, possiamo gustarci sia Bix che Duke Ellington. Ma -sempre se la modernità in sé fosse un valore- c’è qualcosa in cui le registrazioni di Bix asfaltano per modernità quelle di Duke, ed è lo stile di Bix. Non quello di tutto l’ensemble, solo di Bix. Elegiaco, angelico, di una cantabilità struggente, rilassatissimo per l’epoca, il suono della sua cornetta viene fuori dal nastro graffiato di Old Man River come se in mezzo fosse già passato Miles. Il suono di Bix era così insolito per l’epoca che i jazzisti suoi contemporanei -gli unici a conoscere la sua arte, allora- davano fondo al loro estro poetico per descriverlo: le sue note erano “come perle che cadono nel velluto”, il suo suono pulito come quello di “una campana colpita da un martelletto”. La definizione più famosa però la diede il chitarrista Eddie Condon: Bix suonava “come una ragazza che dice di sì” al suo uomo. Se diamo per buono che gli stili del primo Novecento erano più improntati alla severità e quelli di oggi all’erotismo, diamo per buono anche che le nostre orecchie abbiano sentito suoni più erotizzanti di quello di Bix. Qualcuno si è chiesto se le registrazioni rendano giustizia a quel suono. È evidente che no. Riprese sonore fatte nel 1925-30 possono darci un’idea della qualità timbrica di uno strumentista, non restituircela. Ma, anche se in condizioni non ottimali, ci arriva da quei dischi un che di languoroso, un’ombra di malinconia che sfuma la forza degli attacchi, la pulizia e la fantasia del fraseggio, la purezza di una cantabilità mai sbracata, e ci fa intuire perché qualcuno ha soprannominato Bix “il Keats della cornetta” e cosa abbia spinto Condon a pronunciare quelle cinque parole: «like a girl saying yes».
«THAT’S ALL THERE IS» – Se il suono di Bix per noi oggi sfuma, le notizie sulla sua vita sfumano ancor di più. Bix non solo era autodidatta, ma per anni non imparò neppure a leggere la musica. È chiaro che aveva una mente musicale -e non è scontato che i musicisti abbiano una mente musicale. Come l’altro “ignorante” Brassens, Bix sembra aver chiare tutte le possibili soluzioni a cui porta ogni singola nota. Aveva dato prova di un orecchio stupefacente fin da bambino, ma sembra che i genitori non approvassero i suoi gusti musicali: preferivano dargli un’educazione classica, ma lui si divertiva di più a improvvisare al pianoforte, senza regole. Gli altri fratelli prendevano lezioni, lui imparava ascoltando le bande che venivano a suonare dal Mississippi, e qualche volta scappava insieme a loro. Comprò una cornetta da un amico, si esercitò a suonarla inventandosi una tecnica tutta sua, con una diteggiatura, un modo di imboccare lo strumento che erano solo suoi. I genitori lo iscrissero a un’accademia militare nel 1921. Ma Bix saltava le lezioni, venne espulso dall’accademia e diventò musicista a tempo pieno. Da questo momento la sua vita coincise con la sua musica. Nel 1923 fonda l’orchestra The Wolverines, ma già l’anno dopo la lascia per far parte dell’orchestra di Jean Goldkette. In una scena del film Bix di Pupi Avati, Bix cerca di nascondere a Goldkette che non sa leggere la musica, ma viene scoperto e cacciato. Nel 1926 è con l’orchestra di Frankie Trumbauer. Tra i musicisti si sparge la fama del suono meraviglioso della sua cornetta e quella delle sue grandi bevute. L’alcool scorre a fiumi nei club, Bix è ammirato e quando si ammira qualcuno lo si invita a bere qualcosa. Bix non si tira indietro. Sì, c’è il proibizionismo, ma proprio questo rendeva l’alcool più attraente, e i locali in cui si beveva erano largamente tollerati da poliziotti largamente corrotti. Si sa che, coi proibizionismi, funziona così. Alla fine degli anni Venti Bix è completamente dipendente dall’alcool. Non sappiamo perché beve, ma beve forte. La situazione economica migliora, può studiare solfeggio e farsi assumere di nuovo dall’orchestra di Goldkette. Ma il salto di qualità lo fa con Whiteman. L’orchestra di Whiteman è la più popolare degli anni ’20, Whiteman non permette ai suoi musicisti di improvvisare, ma permette loro di esibirsi e registrare con altre formazioni in cui sono liberi di improvvisare. Bix è uno dei migliori. E continua a migliorare. Non è, in senso stretto, un virtuoso: non fa numeri trascendentali e la sua cornetta si mantiene nel registro medio. Ma si fa sempre più agile, sempre più precisa, sempre più fantasiosa nei fraseggi. Sempre meno si avverte la distanza fra l’idea e la sua esecuzione, e alla fine non si avverte per nulla. Potrebbe avere tutto, ma beve. Nel 1929 ha una crisi di delirium tremens. Durante un concerto ha un crollo nervoso. Whitman lo manda a disintossicarsi a Davenport, dai suoi genitori. Continua a corrispondergli uno stipendio pieno e gli assicura che, quando starà meglio, riavrà il suo posto di solista. Ma Bix non sta meglio. Nel 1930 è a New York, fonda un’orchestra con l’amico Hoagy Carmichael, ma passa le sue giornate in una stanza d’albergo, dove beve e compone al pianoforte. Incide anche, al pianoforte, e noi possiamo ascoltare, nella sua esecuzione, un piccolo capolavoro intitolato In a mist. Come pianista, Bix mostra tutta l’influenza che la musica classica -in particolare Debussy e Ravel- ha avuto su di lui. È un’influenza ricevuta tramite le orecchie e non gli studi. Bix mescola nel suo autodidattismo gli stili che ha ascoltato e ne trae un risultato tutto suo. Ma c’è poco tempo ormai. Bix muore nel 1931 di polmonite associata ad edema cerebrale. Ma forse non è vero niente, la causa ufficiale della morte non è la vera causa della morte e Bix è morto d’alcool.
In definitiva non sappiamo nulla di lui. È morto a 27 anni, non ha fatto altro che suonare, non era famoso in vita e molte notizie su di lui sono leggende. Per scrivere la sua biografia bisognerebbe fare come Arsenio Frugoni con quella di Arnaldo da Brescia: non pretendere di dare una ricostruzione organica della sua vita e della sua personalità, scavare nei documenti d’epoca come se indagando su un perfetto sconosciuto, un personaggio di cui proprio ora stiamo scoprendo l’esistenza. Quasi tutto di Bix è mitologia. È vero che i genitori contrastavano la vocazione al jazz e cercavano di indirizzarlo alla musica classica? Nella famiglia di Bix -una famiglia benestante di origine tedesca- la musica era di casa. Negli anni del successo, Bix mandava ai genitori i suoi dischi perché li ascoltassero e fossero fieri di lui. Ma alla sua morte i pacchi erano ancora chiusi, inascoltati. I genitori erano ostili alla sua musica – o a lui?
Il 22 aprile 1921 Bix, diciottenne, viene arrestato dalla polizia di Davenport per molestie a una bambina di cinque anni. La cosa si risolve con un risarcimento economico, il padre della bambina ritira la denuncia, e i documenti di questa brutta storia restano segreti fino al 2001. Che tipo d’uomo era Bix, quanto influì questa brutta storia sul suo carattere, quanto sul suo alcolismo, e come si concilia la sua musica elegiaca con questa merda? Le fotografie di Bix non ci aiutano: vediamo un viso giovanissimo, un ragazzino i cui capelli biondi e occhi azzurri denunciano l’origine tedesca. Nient’altro. A guardar bene -ma forse è solo suggestione- si coglie qualcosa di morboso nel suo aspetto, qualcosa non solo di efebico, ma anche di debole e malato.
Quell’invio all’accademia militare nel 1921 potrebbe non aver niente a che fare con la musica. La brutta storia risale ad aprile, l’invio in accademia a settembre. È questo il perché dei pacchi di dischi inascoltati? I genitori erano delusi dalla sua musica -o da lui? E la sorella di Bix, principale testimone sulla sua vita, ha preferito consegnare alla Storia dei genitori incomprensivi piuttosto che un fratello pedofilo? Il giallo non può essere risolto, nessuno saprà dirci di più, e in definitiva scrivere un racconto su Bix è assurdo, è impossibile. Possiamo solo fermarci, e rimetterci ad ascoltare Old Man River.
fantastico Bix!